Il pugno e la carota per i disastri, l’abusivismo e la manutenzione del territorio
Morire d’abusivismo fa rabbrividire, ancor di più morire per mancata Sicurezza da manutenzione del territorio all’inizio del nuovo millennio. Si tratta dell’uso forsennato di un Territorio fortemente dinamico, ma che molti si ostinano a considerare statico. Decenni vissuti da ostaggi del cemento hanno portato alla vicenda siciliana dei morti in abusivismo e ai disastri ambientali appena vissuti in Italia. La Calabria, entrerà finalmente nel nuovo millennio? Considererà il Paesaggio e la Biodiversità un valore? Tratterà l’abusivismo sia con il pugno che con la carota?
Se una soluzione deve essere trovata questa non può non essere l’inversione del paradigma dell’attuale gestione del territorio attraverso gli appalti alle imprese verso l’agricoltore manutentore del territorio.
Con l’abusivismo, pugno di ferro e carota
L’Italia, particolarmente il suo Sud, si ritrova un enorme abusivismo edilizio figlio dei PRG delle classi locali dominanti con i quali da un lato si marginalizzavano territorialmente i poveri, su aree di scarsa qualità, e dall’altro si attribuivano altissime rendite alle aree migliori di proprietà della stessa classe al governo. In questa confusione tra abusivismo speculativo e di necessità la mafia ha prosperato prima per poi prendere il sopravvento fino addirittura a governare il settore edilizio nelle regioni del Sud.
Ora però occorre cambiare definitivamente linea di comportamento trattando l’abusivismo con la strategia del buon padre di famiglia, ovvero sia con il pugno di ferro e sia con la carota. Il pugno, con le demolizioni certe e velocissime per cui occorre chiedere all’esercito almeno 50.000 demolizioni gratuite nei prossimi due-tre anni. La carota con i Piani di Rigenerazione delle periferie (Recupero), prima di concludere i condoni passati, per dare qualità a queste periferie e soprattutto certezza di non distruggere il Paesaggio, bene primario italiano.
Considerare di vivere in un territorio dinamico
Superare l’abusivismo non risolve del tutto il problema italiano poiché sono circa 7 milioni gli abitanti che, in Italia, vivono in aree a rischio sicurezza (report ISPRA) con edifici abusivi, ma soprattutto legali, ma al Sud e specie in Calabria ci si comporta come se vivessimo su un territorio forte, pianeggiante e senza frane, terremoti o maremoti. Invece la Calabria è il territorio più dinamico d’Europa, dove i rischi cambiano continuamente e sempre più velocemente, vedi riscaldamento globale di 2° del mare e le conseguenti “bombe d’acqua”. Per questa collettiva bendatura d’occhi, funzionale solo ai predatori del territorio, molti gridano contro l’ambientalismo con il recondito fine di mantenere norme vecchie sui PRG e PdF e sui rischi delle aree che non sono in grado di affrontare le problematiche della qualità della vita nel terzo millennio.
Ciò porta alla perdita di fiducia nella Democrazia, poiché questa ha fino ad ora difeso più gli imprenditori che i lavoratori, mentre ha dimenticato del tutto la figura del “Cittadino” e soprattutto ha tralasciato il Paesaggio come bene primario dell’Italia. Ed inoltre, i cittadini calabresi sono oggi incazzati verso le vecchie classi dominanti che, attraverso le logge massoniche deviate, hanno consegnato il territorio al governo mafioso.
Tale circostanza spinge i mass media a convincere la collettività di vivere una continua emergenza, ed alla fine i politici propongono di risolvere le problematiche con la “Democrazia Illiberare” (Robert Alan Dahl), oggi molto di moda. A ben vedere la richiesta dei cittadini sia di maggiore Partecipazione e quindi di poter andare verso la “Democrazia Aumentata”, fatta di partecipazione cittadina e informazioni amministrative vere, raggruppate (per numero CUP), ovvero ridare fiducia ai cittadini nella Democrazia.
Essere ostaggi del cemento
In realtà la nostra società è ostaggio del cemento (Linda Maggiori) con il quale gli ingeneri ci avevano illuso di poter domare anche le forze naturali. Innumerevoli calcoli sulla “officiosita” dei fiumi (parola difficilissima) ci avevano persino convinti che un tubone bastava per imbrigliare qualunque fiume (vedi Scilla o Reggio Calabria), salvo poi scoprire che quell’atto è la causa di molte disgrazie e che l’ingegneria naturalistica poteva risolvere il problema, meglio ed con parsimonia.
Da decenni la politica localistica conta nell’intervento esogeno, dello Stato, e pertanto non ha più realizzato la manutenzione del territorio. Ad esempio ha smantellato il lavoro delle Provincie e ha eliminato i cantonieri dalle strade, pensando che una calamità naturale potesse essere affrontata in modo speciale con i soldi dello Stato.
Chi controlla il controllore, i cittadini e non i Sindaci
La vera emergenza dell’Italia è rispondere alla domanda “Chi controlla il controllore”. È questa la domanda a cui l’Italia non sa rispondere, per la quale ha irrigidito notevolmente le normative senza averne avuto un gran beneficio. La risoluzione facile è quella del controllo dello stesso “Cittadino”, ma questa metodologia richiede flussi informativi veri, completi e orientati ai non addetti ai lavori e non alla politica stessa come oggi e senza ricorsi alla privacy. Quindi ci devono essere informazioni amministrative perenni e raggruppate per argomento (vedi ad esempio il numero CUP del singolo progetto). Ed inoltre occorre ribaltare il paradigma dei controlli territoriali (abusivismo, tasse, ecc) esclusivamente comunali verso quelli sub-comunali, dove il Sindaco, specie dei Comuni medio-piccoli non può far valere il suo consenso politico.
La soluzione: l’agricoltore sia il manutentore del territorio
Nel rapporto città / campagna l’agricoltore rimane il baluardo per la gestione della montagna e della campagna. La grande schiera di lavoratori forestali non bastano per la grande manutenzione del Territorio occorrente, per cui la società deve cooptare chi rimane a coltivare la terra assegnandogli la funzione di manutentore del territorio e deve pure ripagarlo economicamente, mentre oggi è l’agricoltore che paga i Concorsi di Bonifica.
Ad esempio, solo l’agricoltore può conservare attive le golene (aree di alluvionali controllate) poiché i fiumi sono strategici e quindi da trattare con equilibrio tra salvaguardia ambientale e loro dragaggio. Così come le alberature rappresentano un elemento irrinunciabile, da salvaguardare puntualmente (ad uno ad uno). Ovvero, occorre Conservare la nostra Biodiversità come un valore, poiché oggi i cittadini la percepiscono invece come un disvalore.
Ed inoltre il processo, ineluttabile, di accentramento della popolazione nelle città di tutto il mondo, spopola il territorio rurale e pertanto, anche per questa motivazione, occorre considerare l’agricoltore come servizio necessario per la sua permanenza nel rurale e deve essere ricompensato dalla società come elemento essenziale per la sicurezza collettiva.
La Calabria entrerà nel nuovo millennio?
Probabilmente il nuovo millennio sarà sempre più caratterizzato da una mobilità lenta per diletto (bici) e veloce per lavoro (Digitale), dal lavoro non in luoghi unici (ex fabbrica), ma da produzioni in 3D. Tutti questi nuovi elementi richiedono la qualità ambientale.
Pertanto la Regione Calabria deve uscire dal torpore dell’ultimo decennio per arginare il dissesto e preservare il Paesaggio, per far ciò occorre esplicitare chiaramente i rischi e le qualità territoriali, definire conseguentemente i vincoli per le trasformazioni prima ancora di realizzare le scelte urbanistiche.
Nel 2002 la legge urbanistica n.19 aveva tentato di dare una risposta parziale a tali problematiche. Infatti i PSC (Piani Strutturali) erano deputati principalmente alla previsione delle criticità. È da credere che questo sia il motivo per cui la normativa è stata fermata insistentemente ogni anno, con proroghe e modifiche, fino a spingere i Comuni a ritornare alle scelte dei vecchi P.R.G.
Ciò ha consegnato i Sindaci ai mafiosi che tendono a conservare le aree di espansione da loro decise dei decenni precedenti, non permettono alle amministrazioni le scelte per il nuovo millennio.
La prima cosa da fare è l’istituzione di una “Piattaforma per i rischi”, ovvero un Database geografico indicando ai cittadini i territori a rischio. Ciò è fattibile unendo gli studi idro-geologici di tutti i Piani Strutturali calabresi, anche in itinere, per giungere ad un grande piano di delocalizzazioni degli edifici a rischio.
La seconda di sostituire la fase espansiva dell’urbanistica con un grande piano della Rigenerazione delle Periferie che tratti indistintamente tutti i territori, siano essi legalizzati o abusivi, nelle loro caratteristiche salienti della Sicurezza collettiva e qualità Paesaggistica per immettere la qualità urbana e rurale cui i calabresi hanno diritto.
Prof. Santoro Domenico